Paso Fronterizo Argentina-Cile: 55 chilometri, 650 metri di dislivello positivo, due traghetti.
Carretera Austral: Villa OāHiggins - Coyhaique; 619 chilometri, 8.680 metri di dislivello positivo - 490 ripio, 129 asfalto.
Tragitto: El ChaltĆ©n - Laguna del desierto - Candelario Mancilla - Villa OāHiggins - Puerto Yungay - Tortel - Cochrane (Parque Patagonia) - Puerto Bertrand - Puerto RĆo Tranquilo - Villa Cerro Castillo - El Blanco - Coyhaique.
Nello stato attuale delle cose del mondo, il viaggio è una fuga, uno spostamento del focus, una reductio ad basicum. Ci siamo sempre dette che partire è più facile che restare, una tenda è più facile che una casa, una bicicletta che un lavoro. La vita in viaggio si riduce per certi versi al minimo, a un numero limitato di oggetti, a una quantità ridotta di gesti riprodotti ogni giorno e più volte al giorno.
Al mattino, in tenda, suona la sveglia: la si posticipa, la si posticipa, si spegne. Sdraiate, si apre la valvola del materassino gonfiabile: il materassino va piegato per il lungo due volte e poi arrotolato su sé stesso, con zelo perché entri nel sacchetto. Anche la tenda va piegata, ma tre volte, e riavvolta sui suoi paletti, infilata nel suo sacchetto, a sua volta inserito nello zaino, a sua volta messo a forza nella sacca stagna, che va montata sul manubrio con precisione, e fissata con una cinghia arcobaleno della Reale mutua Assicurazioni. Per fare il caffè invece si può usare la cucina MSR, lasciata fuori dalla tenda dalla cena della sera prima: va pompata la benzina, molte volte, altre volte, aperta la valvola, lasciata fuoriuscire qualche goccia di combustibile, richiusa la valvola, dato fuoco, lasciato bruciare, riaperta la valvola, attesa la fiamma blu, posizionata la moka precedentemente caricata, aspettato poco tempo (la fiamma è forte e non regolabile), bevuto il caffè con panino precedentemente spalmato di palta (avocado), mantequilla de manà (burro di arachidi) e dulce de leche. Non esistono variazioni sul tema se non minimali.
Questa ripetitivitĆ dei gesti riguarda quasi tutti gli aspetti della vita: la vestizione (ogni giorno con la stessa giacca e lo stesso paio di scarpe), lāigiene personale, la lettura tramite e-reader, la filtratura dellāacqua con la borraccia filtrante, che ĆØ un processo lentissimo. Anche la preparazione dei pranzi e delle cene assume una dimensione diversa da quella che ha a casa. Si manifesta in primo luogo una nuova impellenza di nutrirsi sulla quale si innesta una nuova arte di cucinare con un numero limitatissimo di ingredienti che devono rispondere a queste tre caratteristiche: essere reperibili nei negozi lungo la strada, essere trasportabili su una bicicletta, essere cucinabili nelle nostre pentole di alluminio di formato ridotto.
Sviluppiamo una nuova arte dei panini: tra i migliori che riusciamo ad preparare ci sono quello con prosciutto affumicato, senape, formaggio e pera e quello con salame affumicato, senape, formaggio, pomodoro e palta. Quanto alle cene, resta al momento insuperata la pasta coi suri, il pesce povero dellāAdriatico che ritroviamo inscatolato nella sua variante pacifica. In generale, ogni oggetto che portiamo con noi ha un posto preciso dentro un contenitore o una sacca, che a sua volta si trova dentro una alforja (borsa): questa disposizione estremamente razionale e semplificata struttura la nostra quotidianitĆ e possiede una dimensione quasi meditativa.
CosƬ la routine di casa, in cui si ripetono movimenti - fino a riconoscere il ritmo dei semafori sulla via del lavoro - e tempi nellāincedere cadenzato delle settimane, viene sostituita da questa nuova ritualitĆ , un esercizio che distrugge ogni fretta e si concentra sul gesto, ripetuto ogni giorno in un luogo diverso. La ricerca di questo equilibrio ĆØ una delle ragioni più profonde che ci hanno portato a montare su delle biciclette e partire.
Un altro aspetto della vita di viaggio del quale ci rendiamo conto dopo quasi due mesi per strada riguarda non più le cose, ma le parole. Una delle ragioni che ci ha spinto a viaggiare in America Latina è stata la padronanza della lingua spagnola, o meglio, la facilità di apprenderla: a differenza di altri Paesi in cui abbiamo pedalato, dove conquistare un vocabolario basico richiedeva uno sforzo immenso (come la Turchia o la Georgia), qui la lingua neolatina ormai dominante ci permette di stare agevolmente nelle conversazioni, azzardando modi di dire, varianti grammaticali e accenti. Grazie a questa facilità , duemila chilometri e due mesi dopo la partenza, abbiamo un nostro lessico familiare, un nostro vocabolario di viaggio, spesso meticcio e scorretto, che usiamo anche nei dialoghi tra noi due, sin darnos cuenta.
Ci chiediamo se il prossimo tramo di strada sarĆ di ripio o di asfalto, quanti chilometri faltano, serĆ”n cinque no mĆ”s, in un mercado ci domandiamo se una comida ci sembra rica, se il prezzo di una camera ĆØ bastante barato, allāora di piantare la tenda cerchiamo dove armare la carpa e ci chiediamo a che ora salimos maƱana, ci ĆØ impossibile partire temprano, viste?
La stessa lingua spagnola cambia al salire della latitudine, in piccole sfumature che la lentezza del viaggio ci permette di assimilare. In questo continente profondamente mestizo di nuove identitĆ sostituite e sovrapposte, la Patagonia al lato cileno della cordigliera presenta una toponomastica recente e ripetitiva: naturalistica (calle Condor o Huemules), patriottica (lago General Carrera, puente Videla, región IbƔƱez del Campo) o pionieristica. CosƬ ci immaginiamo sir Thomas Baker e lāingegner Alejandro Bertrand vagare per questi fiumi e vallate, come bambini allāavventura, col bisogno di inventare e trascrivere nomi su quadernetti, che invece di finire dimenticati in un cassetto ora riempiono le carte geografiche, plasmando i luoghi e le loro identitĆ . CosƬ capita che, ad esempio, nel giorno della Vergine lāammiraglio Enrique Simpson percorrendo il RĆo che oggi porta il suo nome si imbatte in una meravigliosa cascata e la nomina la Cascada de la Virgen, e quel nome sta ancora lƬ, dove oggi cāĆØ un santuario e i viaggiatori si fermano a comprare frutta secca e a chiedere una grazia.
Quanto a noi, il 12 febbraio 2025 abbiamo raggiunto il punto di partenza della strada più bella del mondo, la prima ragione che ci ha spinto a viaggiare in Patagonia: la Carretera austral. Evidentemente, ovunque ci siano persone ci sono strade che attraversano i territori e ovunque ci siano strade ci sono persone che le percorrono. Il Cile stesso, con la sua Ā«loca geografiaĀ» di Paese lungo e stretto, si può considerare come una lunga strada che va da nord a sud, una prosecuzione meridionale della Carretera Panamericana, che attraversa tutto il continente e che qui prende il nome di Ruta 5. La Ruta 5 termina de facto a Puerto Montt e per certi versi, scrive il geografo Santiago Urrutia Reveco, Puerto Montt Ā«segna, verso sud, non solo la fine dellāautostrada ma del Paese stesso, o perlomeno del Paese considerato parte delle comunicazioni moderne e quindi delle nazioni del globoĀ». Insomma, il territorio del Cile si articola lungo flussi longitudinali, come la Panamericana e la ferrovia (il Ferrocarril), che però fino alla seconda metĆ del ventesimo secolo non permettevano di raggiungere le terre più a sud, quelle patagoniche: un territorio di ghiacciai, fiumi, laghi, fiordi e montagne che impedivano la costruzione di una strada nord-sud e favorivano al contrario il trasporto acquatico o aereo. Questi territori isolati erano in relazione solo tra sĆ© stessi via mare e con la pampa argentina, attraverso strade che andavano in direzione est-ovest.
Durante la dittatura civico militare di Augusto Pinochet, la questione della circolazione divenne essenziale, proprio perchĆ© era essenziale gestire e controllare il territorio: da un lato, le strade servivano per vigilare sulla mobilitĆ della popolazione (in particolare di quella povera) e dallāaltro permettevano di incorporare tutti i territori nel mercato nazionale e globale; in breve, nessuna zona doveva sfuggire al controllo dello Stato centrale, tantomeno la regione patagonica di AysĆ©n. Per questo, con il preciso obiettivo geopolitico di Ā«cilenizzare la regione di AysĆ©nĀ», si cominciò la costruzione della Carretera Longitudinal Austral, la Ruta 7, che inizia a Puerto Montt e termina a Villa O' Higgins, dove noi siamo arrivate da sud la sera del 12 febbraio.
Per arrivare a Villa OāHiggins, abbiamo attraversato di nuovo la frontiera dall'Argentina al Cile: il tratto che dal ChaltĆ©n, in Argentina, dove avevamo scritto la nostra ultima newsletter, porta a Villa OāHiggins rappresenta un attraversamento frontaliero quantomeno anomalo. Non cāĆØ nessuna coda di automobili, non ci sono commercio e contrabbando transfrontalieri e la stessa burocrazia dei visti e della dogana si presenta in una forma semplificata. Questo attraversamento pedonale del confine ĆØ per certi versi un parcogiochi per chi ha un passaporto forte. Prevede un primo traghetto argentino che attraversa la Laguna del desierto, un sentiero di cinque chilometri da fare a piedi spingendo la bicicletta, un strada sterrata di venti chilometri in discesa che porta a Candelario Mancilla in territorio cileno, da dove si prende una lancia per attraversare il lago OāHiggins e arrivare al paese omonimo, dove finisce e per noi inizia la Carretera Austral.
Il passaggio dalla pampa argentina alla Carretera Austral ĆØ un passaggio dal giallo al verde, dalla tundra alla taiga, dallāaria allāacqua. La natura qui ĆØ esuberante, vitale, quasi eccessiva nel suo rigoglio. In questa prima parte di Carretera, attraversiamo varie zone protette, come il Parque Nacional Patagonia, la Reserva Nacional Cerro Castillo e il Parque nacional RĆo Simpson; costeggiamo tantissimi laghi: Cisnes, Vargas, Laguna Larga, Chacabuco, Esmeralda, Bertrand, Laguna de Las Torres, e soprattutto il lago Chelenko (oggi chiamato General Carrera), il secondo più grande dell'America Latina dopo il Titicaca. Lāelemento principale ĆØ senza dubbio lāacqua: quella congelata nei ghiacciai del Campo de hielo norte e del Cerro Castillo, quella che scende implacabile dal cielo sottoforma di pioggerella o di diluvio e quella dei fiumi, tantissimi, e dai colori incredibilmente saturi, celestissimi. Risalendo come salmoni alcuni di questi fiumi, scopriamo che ventāanni fa un consorzio idroelettrico al quale partecipava anche Enel aveva tentato di costruire cinque dighe sui fiumi Pascua e Baker. Ancora oggi, il Cile ĆØ attraversato da più di milleduecento fiumi, la Patagonia cilena ha una delle più alte concentrazioni del mondo di fiumi liberi e sani, e il comitato locale Patagonia sin represas, con una lotta durata dieci anni, ĆØ riuscito a impedire la costruzione delle dighe. Tutta questa storia la scopriamo da un lavoratore del campeggio Tamango, nel Parque Patagonia, che ĆØ stato uno dei leader ambientalisti e che, ai tempi della campagna per una Patagonia senza dighe, era stato anche in Italia e in particolare a Longarone, a vedere i luoghi del disastro del Vajont.
La strada ĆØ ormai lāelemento di connessione di questo territorio: visitiamo posti come Tortel, un paese costruito su passerelle di legno, dove la strada ĆØ arrivata da poco più di ventāanni. Questa nuova mobilitĆ stradale ha trasformato la stessa percezione del tempo a queste latitudini, velocizzandolo e parcellizzandolo. Se prima un luogo si poteva raggiungere solo dopo giorni di cammino o di cavalcata, oggi bastano poche ore di pickup. Per noi tuttavia, che siamo cresciute in luoghi altamente antropizzati e in un tempo giĆ accelerato, i tempi patagonici sono ancora lenti e gli spazi enormi. Pedaliamo da più duemila chilometri da quasi due mesi e ancora ci troviamo in una regione chiamata Patagonia; la strada sterrata (il ripio appunto) ci costringe a un andare più lento di quanto avevamo preventivato; e la pioggia, come aveva fatto il vento della Tierra del fuego, ci impone di fermarci quando e dove non lāavevamo previsto.
Questa newsletter lāabbiamo scritta, corretta e inviata, con calma e ritardo sotto la pioggia della Carretera Austral: da qui parte e in una frazione impercettibile di tempo arriva nelle caselle postali di persone alle quali vogliamo bene, in vari continenti, che stanno lottando, viaggiando, facendo qualcosa di importante, difficile, entusiasmante o quotidiano. Attraverso di essa, nel nostro tempo vissuto lentamente e con intensitĆ , vogliamo dirvi che vi pensiamo.
Quien se apura en la Patagonia pierde el tiempo.